L'orecchio di Kiev by Andrei Kurkov

L'orecchio di Kiev by Andrei Kurkov

autore:Andrei Kurkov [Kurkov, Andrei]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788829719754
editore: © 2023 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia


* * *

Prima di mangiare, Samson lesse qualche decina di nuove denunce di furti e rapine. Non ci trovò nulla di particolare, ma notò che erano tutte ben scritte, segno che le vittime avevano fatto buoni studi.

«Ho come la sensazione che stiano derubando solo le persone istruite» disse riconsegnando la pila di fogli a Vasyl’.

L’altro lo guardò con occhi sornioni.

«Gli analfabeti mica scrivono! Si asciugano le lacrime e vanno avanti!»

«E poi agli analfabeti non c’è nulla da rubare!» replicò Samson.

«Proprio così, proprio proprio» cantilenò eloquentemente l’uomo del tè andando via.

Accompagnandolo con gli occhi, Samson notò che gli stivali di Vasyl’ non facevano rumore. Cigolavano un po’, certo, ma i suoi passi erano come felpati. Dunque non usava suole ferrate.

Samson si chiuse dentro la stanza, si sfilò gli stivali e staccò il ferro dalle suole con il cacciavite che usava per smontare e rimontare la pistola.

Così di notte nessuno mi sentirà più, pensò.

Convinse Cholodnyj a fargli compagnia a pranzo, e andarono insieme alla mensa sovietica. In cambio dei loro buoni timbrati ebbero una scodella di minestra di piselli e una di kaša di granoturco con un pezzo di aringa. Da bere, un bicchiere di un qualche infuso.

Mentre mangiava la zuppa, Samson riferì al pope spretato lo strano comportamento del sarto tedesco che non aveva voluto indietro la stoffa rubata.

«Che l’avesse rubata pure lui?» suggerì Cholodnyj grattandosi la pelle morbida e chiara delle guance rasate. «E quindi pensava che volessi arrestarlo? Magari ha la coscienza sporca!»

«C’era un’altra cosa che volevo sapere» pensò a voce alta Samson, alzando lo sguardo verso chi aveva di fronte. La domanda che gli uscì di bocca, però, non fu quella a cui aveva pensato. «Ma oggi ci si può sposare anche senza andare in chiesa?»

Cholodnyj quasi si strozzò con la minestra. Dopo qualche colpo di tosse gli si stampò sulla faccia un sorriso compiaciuto.

«Certamente» disse bevendo un sorso di quell’infuso di qualche strana erba. «Conosco un pope ateo. Si chiama Artemij. Si è costruito una cappella in un postaccio, tra l’albergo dei poveri e l’obitorio. E spiega tutto per benino a chi va al monastero delle Grotte: gliela canta su Dio e le preghiere.»

«Cosa gli canta?»

«Predica contro Dio. Dice che non devono perdere tempo al monastero e che le preghiere non servono a niente.»

«Però se uno si sposa da lui è come se lo facesse in chiesa, no?» insisteva Samson.

«La chiesa di un pope che non crede in Dio non è una chiesa. È quasi come un ufficio sovietico!»

«Allora se è un ufficio avrà un timbro per convalidare l’unione…»

«Del timbro non so niente» ammise Cholodnyj. «Tra l’altro, il posto è poco lontano da dove eravamo di pattuglia. Passaci e chiedi, no? Ma sta’ attento ai cani. Mordono, e ce ne sono molti! Ricorda: padre Artemij.»

«Me lo ricordo» annuì Samson, e ripensò alla domanda vera che voleva fare a Cholodnyj. «Pensavo anche a un’altra cosa… Cosa se ne fa, qualcuno, di un bel po’ d’argento rubato?»

«Rubato?» rifletté Cholodnyj. «Se non fosse rubato, ai monasteri serve sempre. Per le icone, le croci… Rubato, però, non saprei.



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